Rio Barbaira, laghetti e Ponte di Cin
Rocchetta Nervina
Incastonata tra il Monte Terca (1070 mt) ed il Mote Abellio (1016 mt) nella Val Nervia, oggi vi portiamo a scoprire una location senza eguali nel Ponente ligure: Rocchetta Nervina.
Estremamente famoso per l'attività di canyoning lungo il Rio Barbaira, il borgo, fondato nel 1186, presenta un'impostazione strutturale strategica a forma di Y; le sue case edificate sulle sponde dei torrenti Barbaira e Oggia hanno resistito per secoli agli attacchi nemici provenienti dal mare.
Raggiungiamo il centro abitato solo dopo aver lasciato l'auto in Piazza Cola, attraversando il torrente per mezzo del ponte Vecchio, antica via di accesso al borgo. Solcata la schiena d'asino, prendiamo la scalinata Du Beà, ristrutturata di recente per mano di due rocchettini, che ci permette di iniziare il nostro percorso alla scoperta della vallata, su via San Bernardo.
L'indicazione da seguire sarà quella più comune a bande rosse e bianca del CAI, con variante Alta Via per il ponte Paù. Il dislivello complessivo non è molto importante anche se notiamo sin da subito dei repentini innalzamenti di quota che ci faranno rallentare il passo. L’antica mulattiera acciottolata che ci accompagnerà per buona parte del percorso (anche se lo stato conservativo deperirà in breve tempo) sfiora presto la cappella dedicata a San Bernardo e procede successivamente in ulteriore salita a mezza costa.
Sulla nostra sinistra è quasi sempre possibile scorgere il letto del fiume sottostante che, scorrendo a valle, forma bellissime pozze d'acqua e cascatelle, frequentate in periodo estivo da numerosi avventori che le raggiungono per tuffarvisi. E' proprio sull'altro lato del rio Sgorea che diparte il "percorso dei laghetti", un sentiero di bassa difficoltà che permette di raggiungere diverse pozze d'acqua cristallina dove poter trovare refrigerio nei periodi più caldi.
La vegetazione da queste parti è davvero rigogliosa, sembra aver schivato ogni tipo di incendio in epoca recente, e presenta colorazioni autunnali davvero suggestive. Procediamo ora in costante salita, tra sassaie e costoni di roccia, attorniati da alcuni oliveti e ulteriore zona boschiva che lascia spesso spazio a caratteristici balzi rocciosi. Raggiunta quota 265 slm un'edicola votiva dai colori pastello dedicata a Santo Stefano precede alcune caselle in pietra in stato di abbandono. Oltrepassata un'altra edicola, questa volta dedicata a San Giuseppe, il vallone si apre e si staglia davanti a noi un'enorme parete verticale di roccia calcarea di colore chiaro: si tratta della Rocca de Ciappe.
In questo punto il sentiero presenta un corrimano protettivo in ferro che dovrebbe salvaguardare il trekkinatore dallo strapiombo che incombe aggirando la roccia, ma a noi non sembra per nulla stabile, il consiglio è di non farci affidamento. Serpeggiando tra alcuni ingombranti massi, evitiamo una frana sicuramente avvenuta non in tempi recenti, e proseguiamo oltre, volgendo lo sguardo sulla vallata che si incunea verso il mare. Solo dopo aver superato un curioso casolare che a nostro avviso fungeva da ricovero, arriviamo ad un bivio. Prendendo la sinistra ci vorranno solamente una manciata di minuti per raggiungere il ponte di Cin.
Ancor prima di avventurarci lungo la sponda rocciosa a pelo d'acqua, capiamo subito perché lo Sgorea sia noto anche come il torrente dalle acque di menta! Guardate voi stessi la foto inserita a lato per fugare ogni dubbio etimologico.
Il ponte in pietra venne costruito dai contadini della zona "Case Cin" per collegare l'insediamento rurale ora disabitato, con il paese di Rocchetta. Dal ponte di Cin e dalle limpide acque del laghetto sottostante, inizia il percorso di canyoning in discesa più affascinante di tutta la regione.
Il costante e lento moto del fiume Sgorea, fra i più suggestivi della provincia di Imperia, ha modellato nel tempo il proprio letto rendendolo particolarmente adatto alla pratica di questo sport: l’alternanza di rocce arenaceo-marnose e calcari di varia compattezza ha infatti contribuito alla creazione di un paesaggio unico nel suo genere, capace di richiamare un turismo massivo proveniente da tutto il mondo.
Facendo della propria storia geologica il punto cardine della formazione del paesaggio, scorrendo fra massi e lastroni rocciosi, ci si può davvero immergere in un vero e proprio canyon, dove laghetti con riflessi verde-azzurri si perdono tra i boschi di Gouta.
Tutto attorno a noi, infatti, si estende la più significativa popolazione di abete bianco della Liguria, affiancata da un altrettanto importante presenza di pini silvestri, aceri di monte, carpini neri e lecci.
Una vastità di specie differenti tipica dell'ambiente in cui ci troviamo, perfettamente a metà strada tra la zona mediterranea e la zona alpina, alle porte del Parco delle Alpi Liguri.
Rocchetta Nervina infatti è l'ultimo comune in ordine temporale che ci mancava all'appello per completare la nostra scoperta dell'Ente Parco delle Alpi Liguri; ricordiamo a chi ci legge solo da questo numero che in passato abbiamo percorso e raccontato alcuni itinerari nei comuni limitrofi di Pigna, Cosio d'Arroscia, Mendatica, Montegrosso Pian Latte e Rezzo. Immersi in questo assoluto paradiso naturale, ritorniamo sui nostri passi e ci dirigiamo verso la scoperta del borgo dal quale siamo partiti.
Trovando la sua massima espansione in epoca medievale, in passato il comune di Rocchetta Nervina apparteneva ad un’importante zona strategica chiamata Contea di Nizza, insieme a Pigna e alla media Val Roya con Sospello (Sospel), Saorgio (Saorge) e Breglio (Breil), oggi tutti comuni francesi.
La sua storia è quindi quella di un luogo di confine, costantemente vessato da combattimenti e scorrerie tra i suoi abitanti e i vicini sostenitori della Repubblica di Genova, in particolare i Doria di Dolceacqua, ed è forse per questo motivo che la sua struttura assomiglia moltissimo a quella di un burgus, accessibile solamente mediante la traversata del ponte Vecchio.
Sbucati nuovamente su via San Bernardo proseguiamo l'itinerario nell’antico borgo percorrendo la fitta rete di caruggi, molti dei quali coperti e orbi, ovvero senza uscita. Sulla nostra sinistra, divenuta ora via Roma, veniamo attratti da un portone ligneo semichiuso e ne varchiamo la soglia, scoprendo il misterioso oratorio della Santissima Annunziata nel quale sono custodite due pregiate statue della Madonna e due tele seicentesche rappresentanti l’intervento della Vergine intenta a spegnere le fiamme durante un assalto da parte di truppe corse e ventimigliesi (episodio storicamente collocato al 2 settembre 1625).
Secondo la leggenda gli abitanti del luogo fuggirono dall'assedio e si rifugiarono al centro del paese in balia delle fiamme quando, in pochissimo tempo, una coltre di nubi sbucò in cielo. Tanto tuonò e piovve fino a quando tutti furono in salvo; l’oratorio venne costruito proprio in segno di ringraziamento del miracolo.
Pochi passi oltre, fra portoni e case in pietra e arriviamo alla parrocchiale di Santo Stefano, vero e proprio cuore del paese.
La chiesa, risalente al Cinquecento, sorge sulla piazza più caratteristica di Rocchetta e vi si accede da un'entrata laterale posta su di una scalinata. Sul lato opposto, quello settentrionale per capirci, si trova la piazza del balun, intitolata all'antico gioco della palla pugno che qui ospitava le partite.Tutto il paese è un susseguirsi di stradine e di piazzette: su via Umberto I è ancora possibile scovare un pittogramma di epoca fascista riportante la frase: destino sarà domani, come oggi, nelle nostre mani.
Ma se questa nota porta alla mente un'epoca per nulla felice, saranno alcune porte dipinte a farci tornare il sorriso.
Noëlle Zano, artista francese contemporanea, ne ha dipinte 17 in totale, ma noi ne abbiamo scoperte solamente 8, tutte ispirate a dipinti di artisti famosi.
Varcando vicolo Rocca ci si ritrova in un agglomerato di caruggi che ci riporta poi suVia Forno prima e Via Sotto Torre poi, ci dirigiamo verso il secondo ponte, sul quale regna una simpatica vicenda.
Ci raccontano infatti che l'attraversamento venne costruito per mano di alcuni abitanti amanti del buon vino. Stufi di far tutto il giro per tornare a casa dopo il meritato "gottu de vin" all'osteria di paese, chiesero ed ottennero il permesso dal comune per costruire il ponte che in men che non si dica venne eretto!
Un'altra passerella che costeggia tutto il lungo fiume e dalla quale è possibile godere di una magnifica vista sotto le case fortificate, prende il nome di Lungotorrente Barbaira, qui alcuni pannelli indicano la presenza di un polo museale chiamato "E Dubarie" dove è possibile ripercorrere la storia e la tradizione artigiana di Rocchetta, ammirando, per esempio, l’antica struttura delle concerie del paese, il mulino a ruota idraulica e il sistema idrico. Superato il mulino, torniamo all'auto e concludiamo il percorso.
Route in numbers
h 2:30
Journey
6,50 Km
Route Duration
330 mt
Difference in altitude