Rezzo e La Valle Della Giara
Rezzo
Oggi sveglia all'alba, ci aspetta una giornata ricchissima in quel di Rezzo, la nostra prima tappa nel Parco delle Alpi Liguri sotto la guida della Regione Liguria! Vi parleremo della trekkinata e delle esperienze rese possibili dai contatti nati dalla collaborazione con Daniela Girardengo (funzionario del Parco delle Alpi Liguri), nostra referente di zona e dal sindaco di Rezzo, Renato Adorno.
Mai come questa volta ci hanno estremamente colpito le persone incontrate durante il tragitto. Proprio di loro vogliamo parlarvi e del castello dei Clavesana, del miele, dello zafferano e del formaggio di capra; ma andiamo per ordine.
Partiamo alle 7 da Loano per giungere a Lavina, frazione di Rezzo, alle 8. Qui ci aspettano Michele, Rocco e Matteo agricoltori e fondatori di Interra, azienda agricola specializzata in piccole produzioni che preservano la biodiversità. (Visitate www.interra.bio per saperne di più).
Dicono di loro: "siamo giovani contadini che credono in un futuro ecosostenibile e che si impegnano a restituire dignità e prospettive al mestiere di agricoltore". Insomma, già ci piacciono! Con loro ci apprestiamo a raggiungere Cenova, un’altra frazione poco sopra, nella quale hanno il campo che ci interessa visitare stamattina, quello di zafferano. Mentre raccogliamo i fiori (si, anche noi!) ci raccontano che non sono nativi di questa valle nonostante la madre di Michele sia nata a Lavina. Provengono da Milano dove hanno ben presto riconosciuto quel bisogno di riconnessione con la natura che porta sempre più giovani a riscoprire lavori manuali, all’apparenza umili ma in realtà profondamente amorevoli. Stabilitisi qui hanno iniziato, ben prima di altri, la coltivazione dello zafferano. Siamo adesso (ottobre) nel pieno del periodo di raccolta, che dura appena un paio di settimane a fronte di un intero anno di messa a dimora delle piantine. I fiori chiusi, lo saranno ancora per pochi minuti prima che il sole li scaldi e gli conceda di aprirsi, perciò dobbiamo far in fretta! Terminata la raccolta ci invitano ad assaggiare i loro prodotti. Interra produce infatti, oltre allo zafferano, olive taggiasche sott’olio, in salamoia, olio E.V.O. e miele, al naturale oppure aromatizzato allo zafferano. Sono carichi di idee e sempre pronti a sperimentare nuovi modi di utilizzo dei loro prodotti. A questo proposito ci confermano che data la piccola produzione i loro prodotti si trovano nelle botteghe locali e presso le fiere, mercatini a cui partecipano sovente.
In casa loro conosciamo anche Federico, papà di Michele, che ci racconta orgoglioso degli artisti che hanno deciso di prendere residenza nel borgo e che presto collaboreranno con il comune per eventi locali! Che gioia sapere che l’arte non conosce confini e che spesso è da scoprire in piccoli paesi piuttosto che in grandi città! Li salutiamo con un grande in bocca al lupo, come a dire un sentito GRAZIE perché la dedizione del loro lavoro si percepisce nei loro prodotti e quando li acquistiamo ne riceviamo quel tanto del vasetto. Riprendiamo l’auto e parcheggiamo ai piedi del castello di Rezzo. Da fuori si presenta come una costruzione a pianta quadrata, 4 garitte ai lati e un aspetto austero. Ben presto ci raggiunge Paolo Deperi, il proprietario insieme alla famiglia, e titolare della cantina omonima (www.deperi.eu).
Tramite il sindaco Renato Adorno abbiamo avuto l’onore di un apertura straordinaria di questo castello, ultimo baluardo dei possedimenti dell’antica casata dei Clavesana.
Entriamo attraverso quello che anticamente era un ponte levatoio e che attualmente è una passerella edificata nel mezzo del fossato. Sul portone originale si possono ancora intravedere i fori per le catene di sollevamento. L’ingresso si presenta molto caratteristico con la forte presenza di ardesia, dai gradini alla balaustra fino agli inserti del soffitto e dei camini. Due ritratti posti ai lati sopra le porte ci ricordano la famosa discendenza dei governanti, Aleramo e Adelasia, da cui la città di Alassio deve il suo nome. Paolo ci spiega che il castello ha avuto proprietari precedenti molto ravveduti che l’hanno modificato ben poco all’interno. Si notano infatti tanti complementi d’arredo originali e addirittura libri contabili in perfetto stato di conservazione.
Dopo aver visto la vigna nei terrazzamenti adiacenti siamo curiosi di visitare le cantine e Paolo ci accontenta subito. Un magnifico e lungo lavoro di ripristino e recupero delle sale ci permette di godere di particolari antri che sapientemente illuminati svelano giare e spazi segreti utilizzati ora per le preziose bottiglie di vino. Un sali e scendi di scale, debitamente divise tra quelle utilizzate dai Signori e quelle per la servitù, ci permettono di visitare le camere adibite a quest’ultimi passando poi dalla sala consigliare alla cucina (davvero in splendido stato di conservazione) dove è presente addirittura un’antica “lavatrice”, il classico forno a legna, di notevoli dimensioni e il “lavandino” un canale di pietra in cui scorreva continuamente l’acqua del torrente.
Ai piani superiori troviamo 2 chicche mozzafiato. La camera utilizzata da San Leonardo patrono di Imperia che era solito soggiornare nel castello, con lo scrittoio e l inginocchiatoio con il teschio originale e la cappella di famiglia. Quest’ultima di piccole dimensioni per via della vicinanza con la Chiesa di Rezzo ma chiusa da un cancello in ferro battuto completamente ribattuto a mano e senza saldature. Scopriamo poi il sottotetto, adibito a colombera e per le galline e che svela l’antica presenza di una torre ormai distrutta. Paolo ci fa notare come il castello era assolutamente autosufficiente anche attraverso la gestione di arnie poste all’interno di armadi con un foro verso l’esterno e che permettevano l’approvvigionamento di miele sempre fresco.
Infine ci svela la sicura presenza di un passaggio segreto che in passato avrebbe permesso al marchese di fuggire portandosi in salvo ma che a tutt’oggi risulta nascosto. Apprezziamo moltissimo la cura che Paolo riserva al castello e siamo felici di sapere che avrà nuova vita. L’idea di famiglia è infatti quella di aprirlo in occasione di eventi ad un pubblico di volta in volta in volta ristretto, per salvaguardare gli ambienti ma nello stesso tempo per offrire vera Bellezza al pubblico.
Usciti dal castello siamo completamente sbalorditi, chi se l’aspettava di scoprire tanta abbondanza storica racchiusa all’interno di un castello così distinto?
Facciamo quindi tesoro di questa bellissima esperienza e, percorrendo la strada che dal castello arriva sino alla provinciale, passando per i vigneti Deperi, imbocchiamo una strada secondaria che si innesta nel sentiero che, partendo dalla frazione Lavina porta nel fitto cuore della faggeta più grande della Liguria.
L'asfaltata diventa presto una selciata presso la quale incontriamo un signore intento alla pulizia del sentiero; ci salutiamo sorridendo e procediamo in discesa.
Un tragitto di 15 minuti circa ci porta proprio nei pressi di un ponte, il primo di 6 che incontreremo; nati per la maggior parte tra il XV e il XVII secolo, questi ponti avevano l'intento di facilitare l'accesso ai castagneti che si trovavano sulla sponda destra del fiume Giara. Nel corso degli anni alcuni sono stati ricostruiti dopo essere stati distrutti dalle piene dovute alle forti piogge, di altri invece rimane solo qualche traccia. Lungo il nostro percorso, annoverato anche nella più famosa e conosciuta Via del Sale, ecco il primo denominato "Ponte ra Cianca" famoso ritrovo dei pescatori locali.
L'atmosfera è suggestiva e fare foto a più non posso ne è la strettissima conseguenza. Il nostro tragitto si sviluppa per 14,5 km nel fitto bosco ed i waypoint localizzati presso i ponti sono il perfetto connubio che unisce un po'di storia alla cultura locale.
La seconda costruzione fotografata è il "Ponte ru Murin" così detto perchè valicava la Giara in corrispondenza del mulino del marchese, forse il più usato dai rezzaschi che contribuirono volontariamente al suo restauro nel 1827.
Il "Ponte Causinaa" o anche detto Calcinaro, già in funzione in epoca precedente al 1627, venne costruito in corrispondenza della fornace della calce utilizzata dalla comunità per renderla di facile accesso ai cittadini, con carri e carretti.A Rezzo la produzione della calce, usata in edilizia, era un mezzo di autofinanziamento comunitario: l’alimentazione del forno era assicurata da tutte le famiglie e il ricavato della vendita veniva devoluto alla masseria della chiesa parrocchiale.
In breve tempo raggiungiamo poi il ponte più famoso per "quelli di Rezzo" ovvero "U ponte cu loccia", per i visitatori comuni come noi "Ponte Napoleonico".
La leggenda narra che il ponte fu costruito dalle truppe napoleoniche che attraversarono il territorio di Rezzo seppellendo, nel grande bosco di faggi, i tesori sottratti ai paesi razziati.
Noi non abbiamo trovato un becco d'un quattrino, magari seguendo l'itinerario voi sarete più fortunati!
Di fatto è quello più spettacolare di tutti anche se quello più segnato dal tempo; salirci sopra vuol dire scalare un agglomerato di pietre ma, una volta sulla sommità, lo spettacolo che si apre sulla serpentina del fiume, è davvero unico.
Quasi in prossimità di questa meta c'è anche il ponte della Serra, avvolto da una fittissima vegetazione, passa quasi inosservato.
Da qui in poi l'itinerario si snoda sulla sommità del letto del fiume, abbandonandolo quasi del tutto, aumenta il dislivello (anche se di poco) e procede in leggera salita sulla carrareccia tutta ricoperta di foglie!
Sul percorso incontriamo anche una zona pietrifera dove a farne da padrona sono cumuli di lastre di ardesia.
Ci vorrà un'oretta di buona camminata per raggiungere l'ultimo ponte il "Ponte dei Passi" che in antichità dava l'accesso alla parte centrale del bosco di faggi.
In questo punto possiamo decidere se percorrere l'asfaltata sino al centro del paese, oppure continuare a percorrere il bosco sul sentiero che sovrasta la provinciale. Noi senza indugio prendiamo la seconda opzione.
Possiamo considerare questo punto come nostro giro di boa.
Il dislivello si annulla e la camminata diventa veloce e piacevole. Le uniche indicazioni che troveremo lungo la strada sono dei muretti a secco a contenere le fasce incolte e moltissimi resti di costruzioni risalenti al periodo in cui questa zona era abitata da pastori e contadini; più o meno siamo in epoca medievale.
Davvero una bella testimonianza che fa capire quanto si potevano sviluppare le comunità locali che si basavano sulla sussistenza derivante dal bosco e dal fiume.
Ci vorrà un'ora e mezza prima di tornare al punto di partenza.
Riprendiamo quindi l’auto per percorrere la strada che da Rezzo porta al Santuario e lo superiamo di 1 km per raggiungere l’azienda agricola Schenardi produttrice della toma di Rezzo. Naturalmente vi consigliamo di fare una tappa al Santuario il cui interno è tutto affrescato e che tutti ci dicono essere imperdibile (a noi è andata male, era chiuso ma non demordiamo, sarà per la prossima volta).
Scesi dall’auto, nel piazzale dell’azienda, ci viene incontro Danilo, con un sorriso contagioso tanto da sembrarci famigliare.Ve lo ricordate l'omino che puliva il sentiero ad inizio percorso?
Ecco, era proprio lui!
Danilo ci invita ad entrare in casa e ci confessa che le capre che lui alleva sono al pascolo in quel momento. Lui è un allevatore di famiglia ma in gioventù aveva fatto una scelta diversa, era meccanico. Dopo il matrimonio con la moglie ha riscoperto la passione per gli animali e per la produzione di formaggio che lo impegna 10 mesi l’anno. Essendo un piccolo artigiano, che ci tiene a puntualizzare, vende solo quello che riesce a produrre, i suoi formaggi sono acquistabili nelle botteghe dei paesi vicini e in loco.
Ci trasmette l’amore per il territorio quando parla del suo impegno nell’amministrazione locale e come consigliere del parco delle Alpi Liguri nonostante il suo lavoro lo faccia alzare alle 4.30 per la produzione del primo lotto di ricotte e alle 22 per l’ultimo. Ci invita a visitare il suo laboratorio, super pulito e organizzato dove lavorano appena 2 persone dandosi il cambio, sua suocera e lui. In questa stagione i formaggi stanno terminando perché le capre stanno andando in asciutta ma ciò non impedisce a lui di regalarci 2 tome e a noi di acquistarne altrettante. Si vede che è felice di condividere con noi il suo sapere e da parte nostra siamo veramente grati di essere lì con lui, in quel piccolo e denso mondo di passione. La sua disponibilità è tangibile perché i suoi occhi sono semplici e onesti. Lo salutiamo promettendogli di ritornare a trovarlo, sicuramente per i formaggi ma soprattutto per la gioia di rivederlo.
Route in numbers
h 3:30
Journey
14,00 Km
Route Duration
480 mt
Difference in altitude