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h 3:50

Travel time

10,50 Km

Path Length

320 mt

Difference in altitude

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In questo articolo vi proponiamo un'escursione nel comune di Quiliano, dopo aver già scoperto le cascate della Donaiola in passato. Questo territorio di confine è molto piacevole da scoprire, sia per le sue bellezze naturali sia per quelle storico-culturali. Ma andiamo con ordine. Dopo aver lasciato l'auto nei pressi del cimitero monumentale di Savona, vicino al parco urbano e archeologico di San Pietro in Carpignano e alla locanda degli Elfi, seguiamo le indicazioni lignee del "sentiero degli Elfi" che ci condurrà alla meta.
Questo tracciato è stato inaugurato nel 2019 dal team Trekking and Trail, un gruppo appassionato di queste zone che ha creato il percorso per allenamenti amatoriali e/o competitivi e che prende il nome dalla loro divisa ufficiale di color verde acceso. Lungo il tracciato, il sentiero ci conduce attraverso diversi recinti popolati da capre, tacchini, polli e un paio di asini.
Il cammino si fa strada tra la bassa vegetazione tipica della macchia mediterranea e attrezzi fitness da parco, fino a raggiungere un colletto boschivo dove incontriamo un grande masso riconoscibile da un pittogramma bianco.
Questo masso, chiamato in dialetto locale "pria du pighéuggio" (pietra del pidocchio), era un luogo di sosta durante le traversate per un commercio minuto che da Valleggia seguendo la via per la Madonna del Monte andavano a Legino e a Savona o viceversa. Qui, le persone si fermavano per chiacchierare e scambiarsi informazioni appoggiando le cavagne o le corbe piene di merce da vendere o barattare proprio su questa singolare pietra inclinata. Nel dialetto locale, il termine "corba" si riferisce a una cesta di grandi dimensioni, simile a un paniere di forma rotonda intrecciato a mano con ramoscelli di vimini, salice o castagno, ed è spesso utilizzato per determinare la quantità di un prodotto. Dopo aver percorso il boschetto collinare, popolato da pini marittimi, giungiamo ad un altro punto di sosta del tempo passato, secondario al primo e denominato per l’appunto "pria do pighéuggin", dove iniziamo a intravedere scorci panoramici orientati verso il mare davvero suggestivi.
Seguendo il crinale, prendiamo la stradella a destra al bivio che ci si palesa davanti e continuiamo a camminare lungo il costone interno del Bric Maggiolo. Dopo circa mezz'ora di percorrenza, accompagnati dal rumore dei viadotti autostradali dell'A10, raggiungiamo un pianoro erboso sito nei pressi di una casa isolata dal bel colore azzurro cielo. Da qui continuiamo sulla carrareccia intersecando la sommità del Monte Passeggi (258 m slm).
Questa zona, conosciuta in antichità come "Costa Tabulae", trae il suo nome dal termine "tabula", ovvero tavola, unità di misura agraria utilizzata nell'antica Roma per identificare un particolare appezzamento di terreno. Queste terre agricolo-pastorali facevano parte di una vasta area ad uso agricolo suddivisa in più frazioni. Passeggi, o "Paxegium" per il tempo, si trovava proprio sui confini tra Quiliano e Savona ed era considerata un’area di transito e un pascolo comune in cui portare le greggi di proprietari diversi. Vi parleremo ancora dell'epoca romana in seguito, ma per ora continuiamo il nostro percorso restando sulla stessa sterrata, fino a lambire la via asfaltata in prossimità del Passo del Priocco.
La strada che ci conduce verso Via Nostra Signora del Monte, ci porta rapidamente al sagrato dell’omonima chiesetta. L’edificio che domina dall'alto gli abitati di Zinola, Legino e Vado Ligure, nel corso del tempo è divenuto vero e proprio santuario degli sportivi savonesi, raccogliendo al suo interno cimeli d’ogni sorta donati dalle varie associazioni sportive e dagli atleti.La struttura della chiesa è molto modesta, composta da una navata unica ed un singolare lato della facciata ricoperto di ardesia, oltre ad un “Muro della Gloria” su cui sono affisse diverse piastrelle raffiguranti atleti e società sportive della zona.
E poi ancora, sempre restando all’esterno della chiesa, sul lato rivolto verso la collina sovrastante Quiliano, è posta una lapide a perenne ricordo della tragedia aerea avvenuta il 27 gennaio 1989, quando un Canadair della protezione civile cadde al suolo mentre stava svolgendo servizio antincendio nei pressi della raffineria Sarpom. In quell’incidente persero eroicamente la vita i due piloti Claudio Garibaldi e Rosario Pierro, che per evitare di colpire le case sottostanti e la vicina autostrada A6, sacrificarono le loro vite schiantandosi su un lato disabitato della collina.
Proprio per questa ragione, la chiesa è stata insignita anche del titolo di "Santuario della Protezione Civile". E come per la Madonna degli Angeli dell’articolo di poche pagine prima, anche la Madonna del Monte dona il nome ad una fortezza ottocentesca che si cela a poca distanza da dove ci siamo fermati a contemplare il panorama. Il Forte della Madonna del Monte è quindi la seconda delle tre fortezze costituenti il sistema difensivo della costa e della rada di Savona-Vado Ligure di cui fa parte anche il più interno Forte Ciuto. Costruita anch’essa intorno al 1881 dai Savoia, rimase armata ed in attività sino alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Il forte, come il suo gemello, non è accessibile ma visibile solo dall’esterno, da dove si possono scorgere i due piani fuori terra; il primo dedicato a stalle e a magazzini per le munizioni ed il secondo concepito per ospitare le stazioni telemetriche e l’artiglieria difensiva. Completando un anello che ci permette di scoprire queste parti del forte, ripercorriamo a ritroso i nostri passi, rientrando nel bosco. Al primo ed evidente bivio, seguiamo la segnaletica posta alla nostra sinistra facendoci guidare dal serpeggiante selciato che si immerge nella parte più umida del circondario, interessata da differenti e numerosi impluvi, tra cui quello di maggior portata, ovvero il rio Madonna del Monte, affluente del torrente Quiliano. Ritornati per diversa via all’abitazione isolata di Passeggi, svoltiamo alla nostra destra sulla variante che aggira il Bric Maggiolo, evitando di compiere uno strappo davvero ripido, raggiungiamo un traliccio dell’alta tensione prima e le varie palizzate del metanodotto poi.
Seguendo quest’ultimo si scende, con tratti anche ripidi, nella pineta di Carpignano, dalla quale si raggiunge l’antichissima chiesa di San Pietro, chiamato localmente “San Pè d'i Coi” - (San Pietro dei Cavoli), con diretto riferimento alle numerose coltivazioni di cavoli che ivi sussistevano nel Novecento.
Il sito, di per sé, è stato oggetto di numerose indagini archeologiche che hanno portato alla luce reperti risalenti al I secolo d.C. La presenza di una vasca di epoca romana suggerisce l'esistenza di un insediamento agricolo con villa padronale adiacente ad un tratto di quella che fu la Via Aemilia Scauri, collegamento della vicina Vada Sabatia, oggi Vado Ligure, con la pianura Padana attraverso la valle del Quazzola, dove si trovano ancora due ponti di epoca romana e i resti murari di altri quattro. La presenza di una chiesa, in gran parte costruita con materiale romano recuperato, è documentata fin dal XI e XII secolo d.C. dove, in un atto di vendita datato 10 aprile 1191, viene citata come riferimento topografico in cui il marchese Ottone Del Carretto vende ai consoli Savonesi tutto ciò che possiede da “Sancto Petro de Carpignano infra usque Saonam”; in questo documento, la chiesa viene menzionata come termine di confine tra i due territori di Savona e Quiliano. Lo studio archeologico della zona sepolcrale al di sotto di San Pietro, utilizzata dall'epoca imperiale fino al XVIII secolo, ha permesso di documentare con cura il mutamento delle modalità e i differenti rituali usati nelle sepolture nel corso dei secoli.
Data la vicinanza con l’allora costa dei Vadi, gli studiosi hanno ipotizzato che una delle antiche funzioni di San Pietro in Carpignano, in epoca medievale, fosse quella di essere preziosa tappa di passaggio dei pellegrini diretti sulla via di Roma e il ritrovamento di numerose insegne sembra confermarne le ipotesi. Scendendo la scalinata in mattoni rossi prospiciente la chiesa, passiamo al cospetto di un vigneto di granaccia parzialmente recuperato da un’azienda agricola, e ci dirigiamo verso l’area pic-nic e ristoro del Parco Urbano e Archeologico dove riprendiamo la nostra auto.

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