h 3:50
Travel time
11,70 Km
Path Length
570 mt
Difference in altitude
Il nostro giro odierno è alla scoperta del savonese più remoto, ovvero quello posto al confine tra l'alta valle Impero e la val Lerrone: il valico alpino dal quale inizieremo la nostra trekkinata si trova esattamente a 677 mt slm e si chiama Passo del Ginestro altrimenti conosciuto come “Passu du Ginestru”. Il colle è situato sul confine tra i comuni di Testico e Cesio e prende il nome dalla borgata sottostante, situata in val Merula.
Lasciata l’auto in uno spiazzo nei pressi dell’inizio del sentiero, prendiamo l'ampia carrareccia sterrata che si dirige verso Sud lungo il versante della Valle Impero, attraversando il settore occidentale del Monte Arosio (839 m).
Sulla sommità di questa vetta sono presenti alcuni resti di un castello medievale che al tempo sorvegliava l’area attorno al Passo di San Giacomo; eretto probabilmente dai conti della Lengueglia, il piccolo maniero fu venduto nel 1298 dal Vescovo di Albenga a Nicolò Federico Doria. Oggi si conservano solo bassi tratti di muraglie ben nascosti dal fitto bosco (a parere nostro non vale la pena effettuare la deviazione). Per mezzo di numerosi saliscendi proseguiamo verso l'ampia sella del Passo di San Giacomo, perdendo decisamente quota rispetto il punto di partenza (756 mt slm). Lungo la via incontriamo due diversi tipi di segnaletica da seguire: il primo pittogramma è quello delle Terre Alte, identificato dal classico TA, mentre il secondo si presenta come un semplice quadrato rosso pieno. Ignorato un sentiero sulla sinistra che scende verso Testico, proseguiamo seguendo la carrareccia che presto diventa un ampio sentiero, il quale ci permette di raggiungere un pianoro erboso attrezzato per i picnic. Alle estremità del vasto prato possiamo ammirare la Val Merula che si estende fino al mare da una parte e verso le cime innevate delle Alpi Liguri dall’altra. Trovare il continuo del sentiero in questo punto non è così immediato ma, tenendoci sempre sulla nostra sinistra, riusciamo a scorgere la via. Oltrepassato il crinale e scavalcata qualche roccetta, raggiungiamo un’altra sella erbosa che, questa volta, ci permette di godere a pieno della vastità della valle Impero. Procediamo a zig-zag tra rocce che delimitano piccoli pendii erbacei e ci troviamo nuovamente intenti ad individuare i segnavia corretti; nel contempo un gran scampanellio inizia a tenerci compagnia.
Con ulteriori dolci saliscendi ci apprestiamo a raggiungere la vetta dell’antistante Pizzo Montin (955 mt slm), dove iniziano a palesarsi alcune tipiche "caselle" utilizzate in antichità dai pastori di queste zone.
Ancora oggi questi pascoli sono frequentati da numerosi capi di bestiame, quali mucche e cavalli, concentrati ad accaparrarsi i fili d’erba più teneri e gustosi.
Questi animali in libertà non sono selvatici ma appartengono all’Azienda Agricola Ca’ Degli Ormei di Francesca, Enrico e Silvio Spalla, con sede nella vicina Chiusanico. La particolarità di questa fattoria a cielo aperto è che tutti gli animali nascono, crescono e vengono macellati in Liguria. Come già saprete, nella nostra regione, dove la carne non è certo un prodotto di punta, aziende così ce ne sono davvero pochissime.
Noi conosciamo Francesca che tiene moltissimo a raccontarci qualcosa di Ca’Degli Ormei: «noi alleviamo, amiamo, produciamo e vendiamo carne, crediamo in quello che facciamo; appoggiati quasi da tutti i comuni confinanti e che ringrazio anche qui sulle pagine di Due Zaini e Un Camallo, Diano San Pietro, Villa Faraldi, Testico, Chiusanico, Diano Arentino, Cesio, Stellanello e Dolcedo, riusciamo ad offrire ai nostri animali una vita libera, che consente di ottenere un prodotto finito di qualità superiore, per proporre ai consumatori una carne dal sapore autentico e genuino».Un allevamento, quello di Francesca e della sua famiglia, rispettoso di tutte le regole e le norme che regolamentano questa attività ma anche sostenibile ed etico per la libertà di vita dell'animale, che ha la possibilità di vivere ai suoi ritmi, con le stalle sempre aperte e nutrendosi naturalmente. Un aspetto secondario, ma di certo non meno importante, è quello riguardante la tutela del territorio, orientando lo sguardo verso un allevamento sostenibile a basso impatto ambientale, preservano il paesaggio circostante tramite una continua manutenzione, assicurano fonti per l'acqua e abbeveratoi, contribuiscono alla pulizia dei pascoli, mantengono sentieri per escursionisti, bikers e agevolano la conservazione di tracciati per le ippovie. «Ci identifichiamo anche come allevamento che dedica particolare attenzione a tutti i processi di macellazione, controllando tutte le fasi di produzione fino alla vendita, restando sempre all'interno di una filiera molto corta per garantire la vera qualità del prodotto finito» conclude Francesca. Chiusa la parentesi faunistica, riprendiamo la trekkinata da dove ci siamo interrotti, aprendoci alla sconfinata bellezza della grande piramide erbosa del Pizzo d'Évigno, che ci appare davanti in tutto il suo splendore. Prima di raggiungere il punto sommitale, dobbiamo cimentarci nell’affrontare una ripida discesa verso la radura erbosa sottostante, ben attenti a schivare ogni tipo di “sòtta”, abbiamo già provato l’ebbrezza di pestarne qualcuna fresca e non intendiamo ripetere.
Raggiunto l’incavo della sella proseguiamo lungo il panoramico spartiacque che, di li a poco, diventerà sempre più ripido, fino ad innalzarsi verso i 988 mt slm del rilievo.
L’ultimo tratto è quello sicuramente più impegnativo ma che ci permette di raggiungere la vetta del Pizzo d'Évigno. Sulla sommità troviamo: una grande croce in traliccio metallico (davvero enorme), una croce in ferro dalle dimensioni più contenute posizionata dal gruppo alpini della Val Merula, un altare in pietra a secco e una statua della Madonna contemplante il Mar Ligure. Questo luogo rappresenta il crocevia delle creste che provengono da Capo Berta, Colla di San Pietro e Cervo, ed è conosciuto anche come Scortegabecco o Monte Torre, data la presunta presenza in epoca medievale di una torre di osservazione.
Il panorama dalla vetta domina tutta la costa da Imperia fino a Capo Noli e oltre, fino a raggiungere anche il Genovese.Completata la consueta sosta fùgassa per rifocillarci un pochino, in compagnia di un grande stallone nero pece, proseguiamo verso Sud-Est, lungo un pendio abbastanza impegnativo, con l’obiettivo di raggiungere la vasta sella chiamata “La Colla” a quota 810 mt slm. Qui, seguendo le indicazioni segnate sul nostro gpx, imbocchiamo un piccolo sentiero sulla sinistra, non segnalato, che ci porterà a tagliare tutto il versante orientale del Pizzo d'Évigno. Il sentiero, ben evidente e fortemente interessato da fango e pantano, si presenta rovinato in molti punti a causa del passaggio delle moto da cross; unico appunto: fate attenzione. Nel discendere, il paesaggio si trasforma e i prati lasciano il posto ad un bosco di macchia. Dopo aver incrociato qualche altro cavallo e superato in successione un improvvisato abbeveratoio e una carrareccia diretta a Testico, torniamo nei pressi del Passo di San Giacomo, dove solcheremo la stessa via seguita nel percorso di andata per rientrare al Passo del Ginestro.