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h 2:30

Travel time

8,50 Km

Path Length

210 mt

Difference in altitude

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Da molto tempo siamo attirati dalla Via Del Sale ma finora non eravamo ancora riusciti a percorrerla. Visto che: "ogni cosa a suo tempo" oggi eccoci qui!
Siamo diretti ad Erli, percorrendo la tortuosa provinciale per Garessio, fino ad incontrare il palazzo comunale del paesino di 250 anime della val Neva, dove parcheggiamo. Ci vergogniamo un pochino perchè sinceramente, chi c'era mai stato ad Erli? Partiamo superando sulla sinistra una casa dove è ancora visibile una vecchia insegna dipinta indicante la "Trattoria Caffa".
Fu attiva durante la seconda metà del 900 e ricordata negli annali come teatro di scontro tra partigiani e tedeschi durante la seconda guerra mondiale. Dopo pochi metri troviamo ciò che ci interessa maggiormente: il segnavia indicante l'inizio del sentiero, pittografato presso una gradinata che rimane alla nostra sinistra.
Seguiamo il simbolo e ci addentriamo nelle viuzze della borgata Panizzara dove sorge la chiesa parrocchiale dedicata a Santa Caterina. Ci rallegriamo molto nel vedere centinaia di rondini che svolazzano sulla punta della torre campanaria. Nonostante la nostra completa estraneità in merito ai periodi migratori azzardiamo comunque qualche timida ipotesi per comprendere il fenomeno.
Dopo pochi metri siamo nell'ultima borgata prima del fondovalle, il nucleo medioevale di Frazione Bassi dove Valentina, essendo piccina, si trova molto a suo agio. Riempiamo le borracce alla fontanella nella piazzetta e seguiamo il segnavia posto all'imboccatura di un arco in pietra, via d'accesso al piccolo borgo parzialmente recuperato e rimodernato. Complice la curiosità della Vale, nei pressi di un piccolo locale adibito dalla Proloco Di Erli a biblioteca, ci infiliamo in un carugetto buio che si apre su uno stravagante orto a tratti incolto, abitato da alcuni spaventapasseri vestiti di pentolame e chincaglieria varia. Ci accolgono un simil Mago di Oz, una signora prosperosa con cappellino di paglia e sciarpina rosa, un giostraio medioevale e un robot con due campanelle al posto delle orecchie! Una deviazione fortuita ma interessante perchè l'ambiente è davvero estroso, ci ricorda un po' Bussana Vecchia con i suoi artisti di strada.
Effettivamente qui non c'è oggetto che non sia stato recuperato e riconvertito a nuova vita, sicuramente più allegra e giocosa. Un ritrovo di oggetti bizzarri, di altri tempi, a volte anche futuristici. Percorriamo questo acciottolato che fiancheggia un piccolo orto delimitato da bandierine e festoni, tra secchi per l'acqua e "rigadere" (innaffiatoi di latta davvero caratteristici) con la classica pigna sul beccuccio per innaffiare a pioggia le piantine. Un ricordo legato all'infanzia ci assale entrambi quando da bambini inseguivamo i nonni nei loro orticelli per bagnare le piante senza romperle, con il getto diretto dell'acqua: "assolutamente non sulle foglie!" ci ammonivano i vecchi! (Ciao nonni che ci leggete da lassù!)
A conclusione di questo bizzarro fuori programma, che forse si svolge in proprietà privata nella quale non dovremmo trovarci, vediamo un banco in legno colmo di bottigliette di vetro (a mo' di piccolo chimico) di fronte ad una vera e propria matrioska alta quanto la Vale, davvero simpatica.
Torniamo sul sentiero principale passando davanti alla cappella dei S.S. Cosma e Damiano, finemente restaurata. Qui un gorgoglio d'acqua attira la nostra attenzione e in breve, dopo una curva a gomito, lasciando l'asfaltata e tramite un antico ponte a schiena d'asino che sormonta il torrente Neva, siamo di fronte allo spettacolo dello scorrere dell'acqua sulle rocce tornite.
Per comprendere meglio da quante persone ed animali sia stato attraversato il ponte vi raccontiamo la storia che abbiamo scoperto. Sulla sommità del ponte si può notare un piccolo solco formato nel tempo dal calpestio di asini e cavalli che, nel passarci sopra con gli zoccoli, colpivano con il ferro di cavallo sempre lo stesso punto così da scalfirne sempre più la superficie.
Com'è noto, la Via del Sale era proprio il crocevia utilizzato in antichità per lo scambio di cavalli/asini/muli tra Liguria e Piemonte, oltre alla commercializzazione di generi alimentari e di sale, da cui prende il nome.
Il percorso prosegue sulla sinistra ma deviamo per un breve tratto sulla destra dove scopriamo le rovine di un antico edificio che deduciamo fosse adibito a frantoio. Alcune macine in pietra riaffiorano dal terreno e il vicino fiume probabilmente serviva a meccanizzare, tramite un mulino, il processo di frangitura delle olive o del grano.
Torniamo indietro e procediamo pressoché in piano per buona parte del percorso, attraversando zone brulle e castagneti fiancheggiando quasi sempre il corso del torrente che forma di tanto in tanto bellissime cascatelle e laghetti color smeraldo, di varia portata.
Il sentiero, tenuto pulito dall'attivissima Proloco di Erli con i suoi volontari, prosegue alternando al piano un andamento a saliscendi, superiamo alcune alture dalle quali si possono godere suggestivi panorami sulla val Neva.
In alcuni punti, affacciandoci sul sottostante torrente, si accavallano veri e propri dirupi rocciosi: consigliamo di fare molta attenzione. Più in alto spunta ogni tanto il castello dei Clavesana di Castelvecchio, eretto nell'area boschiva tra il Monte Carmo e il Monte Settepani, di cui vi abbiamo già raccontato in un percorso precedente.
Ad un tratto un rigagnolo quasi inesistente, se non per un filo d'acqua che lo mantiene in vita, segna il confine immaginario tra Erli e Zuccarello. Da qui in poi, in mira del castello di Zuccarello, possiamo proseguire senza incontrare deviazioni degne di nota fino alla provinciale per poi entrare nel borgo di Zuccarello. Noi che lo abbiamo già visitato e raccontato sul "Sentiero di Ilaria" facciamo dietro-front e torniamo in borgata Panizzara. Da qui, invece che dirigerci subito all'auto, effettuiamo l'ennesima Vale/deviazione verso Frazione Negri.
Le case sono quasi tutte ristrutturate di recente. Una lunga via lastricata porta verso un'abitazione nobile del tempo, appartenuta alla famiglia Abbo che, senza eredi, ha lasciato parte della sua fortuna al comune di Erli.
Dietro di essa, a dominare una piazzetta davvero molto intima e accogliente, sorge la cappella della Madonna della Neve.
In questo punto un antico lavatoio e un abbeveratoio per animali testimoniano ulteriormente ciò che è stata l'antica via del sale. Tra viuzze dalle porte dipinte e gatti assonnati ritorniamo a prendere l'auto passando davanti alla storica Locanda "Da Lisetta" perfetta per gustare la tipica cucina ligure.La Via del Sale è ben più lunga di quanto percorso sin ora, è un antica via commerciale che univa la Liguria al Piemonte. Proseguendo oltre la cappella della Madonna Della Neve, questo sentiero si snoda e arriva in provincia di Cuneo, a Cerisola, frazione del comune diGaressio, lungo il selciato che risulta sempre molto ben tenuto e segnalato. Percorriamo ancora circa 5 km (con una tempistica che si aggira sull'ora e mezza), oltrepassiamo un ponte dove il Rio Gazzo si innesta al Torrente Neva e raggiungiamo facilmente l'ingresso di una grotta molto conosciuta anche all'estero; parliamo della famosa Arma Veirana.
Scoperta in epoca recente da Renato Bonfanti, Andrea Lamberti e Giuseppe Vicino e segnalata alla comunità scentifica solo nel 2006, dobbiamo aspettare effettivamente il 2015 per riconoscere questo luogo come sito archeologico di importanza mondiale.
Ad opera di un equipe internazionale e con il prestigioso contributo del National Geographic, in quell'anno iniziò la campagna di ricerca mediante l'utilizzo di sofisticati scan-laser e droni che permisero la realizzazione, grazie anche all'intervento di alcuni ingegneri dell'Università di San Diego, di una mappa e di un video tridimensionali della valle e della grotta stessa.
L'importanza del sito è data dal fatto che sono stati rinvenuti manufatti che ivi collocano la presenza degli ultimi uomini di Neandertal che abitarono la Liguria. Depositi stratificati con resti umani di questo tipo erano finora noti solo in località più prossime alla costa, come ad esempio ai Balzi Rossi di Ventimiglia, datati tra i 200.000 e i 40.000 anni fa.
Nello specifico, con le sue migliaia di reperti finora trovati (strumenti in pietra e resti di pasto), l'Arma Veirana racconta dell'estinzione dei neandertaliani in seguito all'arrivo in Europa di una nuova umanità di origine africana, ovvero l'Homo sapiens.
Durante gli anni '70 del secolo scorso la grotta subì alcuni danni ad opera di ignoti scavatori clandestini, in cerca di ossa d'orso o di manufatti preistorici da contrabbandare.
Fu solo grazie al comune di Erli e alla locale Pro Loco che, contribuendo con un importante e indispensabile supporto alle ricerche, si riuscì a sincronizzare i lavori e a classificare tutti i manufatti rinvenuti per decretare ufficialmente l'importanza degli scavi.

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