La Strada del Miele e i Suoi Castelli
Madrignano - Calice Al Cornoviglio
Risaliamo in questo percorso un tratto, uno degli ultimi (o dei primi) dell'Alta Via dei Monti Liguri, che tanto abbiamo percorso nel nostro savonese.
Quest'oggi abbiamo la fortuna di incontrare Stefano Franceschini, assessore di Calice Al Cornoviglio con deleghe alla cultura e al turismo.
Iniziamo la giornata effettuando un tour all'interno del castello Malaspina di Madrignano o meglio, nel cortile interno e ciò che rimane della torre. Stefano ci mostra con orgoglio il minuzioso lavoro di recupero effettuato negli anni che ha portato la struttura ad ospitare la sede comunale ed il museo degli antichi liguri (che inaugurerà il 18 dicembre 2021 e dopodichè sarà visitabile) e l'installazione di un ascensore per rendere accessibile a tutti la visita. Le prime citazioni riguardanti il possente castello risalgono al 1164 quando Federico Barbarossa concede il castrum Madrognani ad Obizzo Malaspina. Dal 1206 la proprietà sul feudo di Madrignano e del relativo castello passa alla famiglia Malaspina che ne mantiene il dominio fino al 1416, anno dell’assalto e distruzione operata dalla Repubblica di Genova negli scontri che interessano tutto il territorio feudale dei Malaspina; passato per un breve periodo nelle mani dei conti Fieschi, ritorna nelle mani dei Malaspina che lo mantengono per circa tre secoli. Il castello di Madrignano dovrà ancora subire tra il 1705 e il 1706 una seconda e definitiva distruzione (a cui non seguirà una nuova ricostruzione, ma solo un riadattamento delle parti ancora in buono stato) durante gli scontri tra gli eserciti franco-spagnoli con gli imperiali austriaci. Dal 1772, così come il castello di Calice al Cornoviglio e i possedimenti vicini, la proprietà rientra nei confini del Granduca di Toscana seguendone le sorti. Con il Regno d’Italia il castello è adibito a prigione e caserma e alcune celle sono tutt'ora inesplorate. Danneggiato dal terremoto del 1920 che colpisce la Garfagnana e la Lunigiana, subisce ulteriori danneggiamenti dai diversi bombardamenti aerei alleati nella seconda guerra mondiale.Il panorama che si può godere dalle alture, dove sorgeva una torre di avvistamento, giunge sino al mare.
Scendiamo nuovamente verso l'ingresso del castello e prendiamo la via laterale che congiunge il portale principale al borgo di Madrignano, in direzione della chiesa sconsacrata intitolata ai Santi Antonio e Rocco.
Stefano ha con se' le chiavi dell'oratorio, un tempo di esclusivo accesso dei Malaspina, e noi gongoliamo nel poterla vedere!
Classificato dalla Soprintendenza ai beni culturali della Liguria come uno dei monumenti d'interesse storico della regione, focalizziamo lo sguardo sull'altare decorato con stucchi variopinti risalenti al '600. Sopra al presbitero troviamo un arco trionfale anch'esso con stucchi allegorici e dove al centro campeggia lo stemma con aquila bicipite simbolo dei marchesi Malaspina, signori del tempo.
Usciamo dall'oratorio e ci dirigiamo in centro al paese dove ci apprestiamo a visitare anche la parrocchiale di Santa Margherita, attualmente senza parroco. Costruita sopra a quelle che erano le scuderie del castello vanta un campanile con un passato riconducibile a torre di vedetta. Questo edificio religioso è stato nel tempo rimaneggiato più volte e solo grazie all'intervento del marchese Morello possiamo oggi ammirare pregevoli opere in marmo; negli ultimi anni sono state recuperati elementi di grande valore come un alto rilievo di scuola Lombarda della seconda metà del XV sec., una lastra tombale e un'acquasantiera della fine del XVI sec., una statua in gesso raffigurante S. Antonio da Padova e delle antiche Aste Processionali oltre un bellissimo crocifisso in legno ricoperto a foglia di bronzo. Di recente è stato introdotta in chiesa una teca contenente alcuni gioielli classificati per data, di cui i più antichi risalgono ad epoca borbonica (probabilmente facevano parte di alcune donazioni lasciate in chiesa per grazie ricevute). Stefano ci tiene a sottolineare che molti dei restauri sono stati resi possibile grazie ad un'iniziativa comunale, da lui pensata alcuni anni fa, Un Restauro Un Concerto che raccoglie contributi pubblici e privati. Ogni anno, nella piazza antistante la chiesa, nel secondo e terzo week-end di Luglio, da più di 40 anni, si celebra una festa dove poter assaporare oltre ai piatti tipici della tradizione anche i rinomati Ravioli di Santa Margherita.
Stefano ci accompagna per alcune vie del centro per farci ammirare alcuni portali e balconate realizzate con la pietra Lunigiana.
E' ora di pranzo e ci salutiamo per un paio d'ore nelle quali noi incominciamo una camminata volta a risalire il costone più a sud del passo Apicella per raggiungere la località Nasso e Calice Al Cornoviglio; Stefano ci raggiungerà in auto più tardi. Ritorniamo, attraverso il paese, al parcheggio retrostante il castello, dove abbiamo lasciato l'auto, prendiamo lo zaino e incominciamo a camminare. L’ampio sentiero che attraversa bosco misto a prevalenza di castagni, è proprio il classico sentiero da Rete Escursionistica, pulito e ben segnato. Il percorso si alterna tra salite e alcuni pianori.
Non ci sono da segnalare grosse difficoltà di percorrenza, tanto che la temperatura mite (per la stagione in cui siamo) ci permette di sostare al sole per mangiare qualcosa. Trascorsi un paio di chilometri ignoriamo una palina con una deviazione sulla destra e proseguiamo dritti, guadagnando leggermente quota, continuando la camminata su di un comodo sterrato pianeggiante.
Dopo una lieve salita costeggiamo un prato recintato dove scorrazza qualche gallina e alcune oche e la flora caratterizzata prevalentemente da castagni e piante di Erica, lascia spazio ad una ombrosa pineta.
Di rado incontriamo delle abitazioni.
In prossimità di un cancello l’itinerario prosegue a sinistra andando a ricollegarsi al sentiero dell'Alta Via che avevamo avvistato sulla segnaletica alla partenza.
L’ampio tracciato a saliscendi in breve incontra un altro bivio; per il Passo di Alpicella, che ignoriamo per mancanza di tempo.
E' da questo crocevia che passa uno dei tratti più importanti dell’Alta Via dei Monti Liguri.
Siamo quasi a quota 700 m slm e procedendo a sinistra, inoltrandoci nuovamente in un castagneto, perdiamo quota molto rapidamente raggiungendo la minuscola frazione di Nasso (467m).
Cerchiamo la mulattiera che abbiamo segnato sul nostro gps per raggiungere il castello di Calice, ma molto sinceramente, vuoi per una mancanza di segnale, vuoi per l'appuntamento imminente con Stefano per visitarlo, ci accorgiamo di averla oltrepassata di qualche centinaio di metri.
Proseguiamo la camminata sulla strada provinciale, tortuosa e stretta, e in dieci/quindici minuti entriamo nel comune di Calice Al Cornoviglio dove ad attirare la curiosità di Valentina (no stavolta non sono gatti) è una cabina del telefono stile "SIP" riadattata a book sharing.
Ma Stefano aspetta....Valeeeeee, muoviti.
Perderemo davvero le giornate dietro alle farfalle se fosse per lei.
Questa volta più che mai abbiamo mille giri da fare e una tabella di marcia che non permette distrazioni futili (vai a spiegarlo a lei però).
Attraversiamo un portico e giungiamo ai piedi del castello Doria-Malaspina in piazza del Leone.
Inutile dire che l'assessore è li che ci aspetta facendo volteggiare le chiavi del portone d'ingresso.
Il Castello Doria-Malaspina, sorge nella località Castello di Calice: antica rocca o fortilizio, documentato per la prima volta nel 1206 è costituito da un ampio edificio a pianta trapezoidale e fiancheggiato da un torrione rotondo molto ben conservato. Non sono note le origini del castello, ma fu probabilmente un presidio obertengo. Ne furono comproprietari il Vescovo di Luni, i marchesi Malaspina e gli Estensi.Il vescovo di Luni nel 1272 cedette la sua quota ai Fieschi, mentre gli Estensi cedettero la loro ai “cugini” Malaspina, che nel 1202 tentarono di tornarne in pieno possesso dichiarando guerra al Vescovo Conte di Luni. La sfida fra i due contendenti fu risolta con un lodo. Nel 1416 i Genovesi scesero in Lunigiana per vendicare un affronto subito da parte di un marchese Malaspina di Villafranca ed il castello di Calice fu forse risparmiato perché infeudato ai Fieschi. Nel 1547 fallita la famosa congiura della casata lavagnina, il castello di Calice fu infeudato ai Doria. Nel corso dei secoli il castello di Calice fu incendiato così come parte delle casupole in legno e paglia che lo cingevano.
Sarà la marchesina Placidia Doria maritata Del Carretto a ripristinare il maniero trasformandolo in palazzo residenziale. Questo è la ragione per cui il castello porta il nome Doria-Malaspina. Nel secondo dopoguerra si assistette ad una graduale trasformazione d’uso del castello: da centro amministrativo a sede museale.
Attualmente sono ospitati al suo interno:
al piano nobile il Museo della Brigata "Val di Vara" e il Museo delle Risorse Faunistiche, ai piani sottostanti si trovano: la Pinacoteca”David Beghè” (pittore affrescatore nato a Calice nel 1854 e morto a Milano nel 1933),
il Piccolo Museo pinacoteca "Pietro Rosa", il Museo della Tradizione Contadina, il Museo della Statua Stele (che conserva il frammento di una statua stele risalente all'epoca del bronzo antico, rinvenuta in località Borseda durante i lavori di costruzione della strada carrozzabile per Veppo ) e la chicca che ci colpisce maggiormente, il Museo dell'Apicoltura. Stefano non è però l'unico a disporre delle chiavi, ovviamente, per informazioni e orari di apertura potete rivolgervi al comune che dispone di una persona designata per compiere alcuni tour, soprattutto nel weekend. Anche a Calice da 57 anni si celebra una sentita festa, quella della castagna che si svolge la seconda e la terza domenica di Ottobre.
In questa occasione si possono apprezzare piatti tipici a base di castagna, caldarroste e vino novello, in un contesto di musica folkloristica e spettacoli "da strada”. Ottima occasione per visitare i castelli. Omaggiamo il comune di una copia della nostra rivista e ci salutiamo.Un accordo tra i Comuni di Calice al Cornoviglio, Tresana e Mulazzo, ha sancito l’ istituzione della Strada del Miele, un itinerario che ha lo scopo di valorizzare le qualità di un prodotto, espressione delle tradizioni più autentiche del comprensorio.
L’apicoltura, infatti, ha radici antiche in questo terra a cavallo tra Liguria e Lunigiana ed è, perciò, capace di offrire una produzione, scaturita dall’alta professionalità degli addetti al settore.
Recarsi nelle aziende per assistere ai metodi di lavorazione ed acquistare questo “cibo degli dei”, è un’esperienza che non potevamo farci mancare.
Sempre con il supporto del Parco abbiamo contattato l'apicoltore Ribaditi. Lo incontriamo nel suo laboratorio recentemente e sapientemente modernizzato. Un’azienda a conduzione famigliare di antica tradizione che e situata nello snodo principale della strada del miele, nel cuore della Valle del Biologico.
L’Apicoltura Ribaditi sorge nella frazione di Santa Maria, sulle alture di Calice Al Cornoviglio, più o meno a 600 metri sul livello del mare.
La si può raggiungere con una bella camminata di 30 minuti partendo proprio dal centro abitato del capoluogo (ma anche in auto ovviamente).
«Qui – racconta Maurizio che gestisce l’attività di famiglia con la moglie Monica e con il figlio Luca – viviamo in un piccolo mondo isolato dal rumore della società moderna dove ancora si conserva lo spirito rurale, dove prevale l’amore per il lavoro della terra e di tutto ciò che ne deriva». La sua dedizione al lavoro traspare da ogni parola e con orgoglio ci mostra un censimento del 1928 dove si evince che proprio l'apicoltura era l'attività capillare della zona sin dall'immediato dopoguerra.
Il moderno laboratorio è la sua casa e l'accogliente sala degustazione è un bellissimo biglietto d'ingresso.
Il miele, il tanto citato cibo degli dei, è un nettare prezioso con il quale bisogna instaurare un rapporto d'amore e di studio continuo del prodotto. Sin da bambino tutto questo per lui era un gioco, trasformatosi presto in passione prima e lavoro poi.
Il risultato tangibile di questa continua evoluzione e ricerca porta l'azienda ad annoverare un ampio catalogo di prodotti che spazia dal miele (di acacia, di millefiori, di castagno, di nettare di fiori, di melata, di erica) alla pappa reale, dal polline al propoli offrendo prodotti che, spiega Maurizio, sono realizzati secondo le regole più antiche e le tecniche più moderne. Noi assaggiamo un miele bianco di Edera che sembra cioccolato accompagnato da un delizioso bicchiere di Idromele!
Una realtà fantastica che ha saputo evolversi senza rinunciare ai suoi valori. www.apicolturaribaditi.it
Route in numbers
h 2:20
Travel time
5,60 Km
Path Length
320 mt
Difference in altitude